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i Fiammiferi - S05E01 - Go Dante Go Go Go Go Dante Go Go Go
Jersey Vice: puntata “pilota” il 25 novembre Alessio Giorgetta
Io quando penso agli angeli, penso alle donne.
Le immagino di bianco vestite ornate d’oro con, a tracolla, un corno intarsiato dorato anch’esso, che disposte in file ordinate cantano, senza riserva alcuna, con il cipiglio di chi sa esattamente ciò che sta facendo ma non vuole insegnare, ma soltanto diffondere senz’alcuna pretesa la sua più profonda emozione senza prevaricare, in maniera armonica, ma con qualche guizzo di sovranità e competizione che solo gli angeli riescono a mantenere intonsa e candida.
… E poi mi sono immaginato dove e chi fossero questi angeli canterini e non ho potuto far altro che disegnare nella mia testa quel Paradiso conosciuto, scritto da Dante con dovizia di particolari e, man a mano che la grafica si dipanava davanti ai miei occhi, le ho viste: erano lì, e volevano raccontare la loro storia, la loro musica.
Al primo cielo ho trovato Polly Jean Harvey, aveva buttato il corno dietro la schiena e preferito la chitarra. Era tornata alle origini della sua carriera, era graffiante e dedicava una quasi filastrocca a un Dio che era ancora troppo lontano ma presente.
Sinuosa e affascinante come un serpente, si muoveva quasi a scatti FKA Twigs, ballando piccola e ordinata mentre coniugava il verbo col non verbo e comunicava, quasi blasfema, il suo concetto d’amore per Dio, suo padre e suo amante, lisergica, come telecomandata.
Era seduta in un angolo con alcuni spartiti che nervosamente muoveva. Con le dita seguiva il pentagramma cogliendone le singole note e intanto canticchiava tra sé e sé, come se stesse provando prima del vero concerto. Poi, con esuberanza s’alza in piedi Mia Martini, occhi al cielo si rivolge all’alto e gli canta l’amore.
https://www.youtube.com/watch?v=v2c0lzN7J9g
Nicotina nell’aria. Ammetto di aver scansato con una certa insistenza quella coltre fumosa prima di riuscire a vedere e sentire cantare; sembrava che ci fosse un muro impenetrabile e ovattato che impedisse agli esterni di cogliere il canto e l’eleganza delle parole di Annie Lennox.
Piantata davanti a un cavalletto apriva tutta la bocca e pagana nelle parole ma angelica nella voce dichiarava la guerra, raccontava che nessuno l’avrebbe ignorata.
Con il plettro serrato tra le labbra, l’abito bello ma già strappato, era proprio davanti a me Sinead ‘O Connor; perdonata per il suo fare burrascosamente virile che trasudava femminilità, non smise nemmeno in grazia di provocare, e le sue parole dulcamare raccontavano di violenza subìta.
Su un letto di seta a baldacchino si rotolava sinuosa con tutti i suoi capelli e cantava senza contorcersi. Spesso si coccolava come se volesse dir a sé stessa che tutto sarebbe andato per il meglio, che nulla l’avrebbe buttata a terra, poi accennava un sorriso Amy, triste ma con la speranza che qualcuno l’avesse visto e se ne sarebbe innamorato per sempre.
In piedi, ma piegata su stessa arrangiava beat, canticchiava sommessa e costretta per poi fare una ruota e suonare con le dita delle campane di vetro di dimensioni diverse, per poi prendere un tamburaccio e fare rumore sfruttandone l’eco. Poi si metteva tranquilla la piccola Björk, piangeva per un istante e poi riprendeva a far danni come una vera peste.
I piedi scalzi aveva aderenti al pavimento moquette. Le scarpe gettate in un angolo. “Non mi piacciono sono scomode” disse mentre riversa all’indietro suonava il suo strumento sventolando la sua chioma rosso-ricciolina e raccontando un suo sogno. Qualcosa che Dio le aveva perdonato, ma che lei continuava a mistificare.
Qui le ho ritrovate tutte insieme, non andavano d’accordo ma aspettavano silenziose e ordinate l’arrivo dell’altissimo. Sembravano in attesa di un giudizio.
PJ, Björk e Tori cantavano, ma ancora non si era capito chi facesse cosa dato che, come vi dissi all’inizio, avevano scatenato una sana complicità. Sinead ‘O Connor sganciava pizzicotti a destra e a manca solo per disturbare un po’. Ma quella che mi colpì in assoluto fu Annie Lennox che si abbasso vicino a Mia Martini e le disse “Tu hai dato alla musica quello che l’ossigeno da all’uomo”, lei di tutta risposta sorrise e l’abbracciò proprio un attimo prima che Dio si palesasse.
Sorrideva. Le fissava da destra a sinistra; da sinistra a destra. S’inchinò davanti a loro e ad una ad una andò ad accarezzare le guance, prestando un sorriso di amorevole complicità. Tornando al suo posto, abbassò gli occhi e cantò.
Alexander “Amorino” Lov
Written by: Redazione
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