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Il Primavera Sound sta cambiando…in meglio. Cronaca dell’evoluzione che ha portato all’edizione 2024.

today14 Giugno 2024 34 1

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Era il 2014 quando andai per la prima volta al Primavera Sound. Andai da solo, anche se poi lì conobbi amici che sarebbero diventati speciali e lo sono tutt’ora. Un line-up che non lasciava spazio a dubbi: Nine Inch Nails, Pixies, Kendrick Lamar e Neutral Milk Hotel tra gli altri. Il MIO festival, da li non mi sarei più staccato. Di edizioni ne son passate, tutte con line-up stellari in cui nuovi e vecchi nomi delle varie sfumature dell’indie, della black music e dell’elettronica sono stati perfettamente bilanciati nei vari cartel. Tutto fino al 2019, l’edizione del “New Normal”, un’edizione di rottura in cui il Festival ha voluto dire a chiara voce che quel luogo, quegli spazi, non sarebbero stati più appannaggio di solo quella fetta di pubblico a cui sentivo di appartenere: il festival sarebbe diventato di tutte e tutti, una “nuova normalità” fluida in cui il bilanciamento non era solo tra generi musicali (l’edizione del 2019 fu la prima vedere grandi nomi del pop in line up – Cardi B, J Balvin, Rosalia, Solange) ma soprattutto tra generi. Un’edizione perfettamente ripartita tra artiste ed artisti, un’edizione fluida che rassicurava le generazioni post-millenials che quello sarebbe stato uno spazio sicuro in cui poter essere se stessi, sempre. Non fu di semplice digestione per “vecchi” affezionati, si è parlato (e si continua farlo) di Coachellizzazione, usato come dispregiativo talvolta, e molti dei miei vecchi amici hanno pure smesso di venire (“non è più il mio festival, non mi sento più a casa”). Beh, io dal 2019 invece mi sento ancora più a casa. L’edizione appena trascorsa, ad esempio, rimane una delle migliori a cui abbia mai partecipato. Come ho sempre detto ad amici e amiche che si affacciavano per la prima volta, “il Primavera te lo costruisci come vuoi tu” e dal 2019 questo è ancora più vero offrendo ancora più scelte. I numeri dell’edizione 2024 parlano chiari: 268mila presenze complessive, quasi 90mila al giorno, a testimonianza che l’offerta in termini musicali è cresciuta e di molto (negli anni d’oro 2015/2016 si parlava di 50/55 mila presenze al giorno).
Musicalmente il percorso che ho seguito, come sempre del resto, è stato frutto un po’ di un’attenta pianificazione fatta nei giorni precedenti al festival e un po’ delle emozioni e del mood che molto spesso ti porta a fare scelte che mai avresti pensato di fare. Non farò una cronaca day-by-day ma voglio parlarvi di ciò che mi ha impressionato maggiormente nella mole dei live visti: come dicevo sopra, l’edizione trascorsa la considero una delle migliori anche e soprattutto per la qualità altissima proposta quest’anno. Il Primavera, si sa, è un magnifico calderone in cui coesistono mostri sacri e artiste e artisti freschi e nuovi: impossibile non menzionare il gigantesco live dei Pulp, generazionale. Vedere Jarvis Cocker arrivare da sotto il palco elevato da una pedana mobile in mezzo all’orchestra è stato impagabile così come lo è stato cantare insieme ad una folla presa benissimo hit come Babies, Disco 2000 o Common People. E che dire poi di Pj Harvey e degli American Football sotto (le uniche) due ore di diluvio annunciate? Due live emotivamente importanti in cui le lacrime del pubblico si sono mescolate a quelle del cielo, anche lui commosso al ricordo di Steve Albini fatto da una Polly Jean sempre più divina. Già, quest’edizione è stata la prima senza Steve Albini, senza gli Shellac, band simbolo di questo festival: il palco a lui dedicato e quell’ora lasciata “vuota” dedicata ad uno struggente “Shellac Listening Party” sono stati i giusti omaggi che chi ama questo Festival meritava. Ma il Primavera Sound, si sa, è anche scoperta e prime volte: Mandy,Indiana e Model Actriz è stata una delle doppiette più dirompenti di ogni edizione i primi col loro sound elettronico industrial, i secondi prepotentemente hardcore così come (post) hardcore ma molto più “college” è quello che ci ha fatto sudare al live dei Militarie Gun, formazione molto interessante di Los Angeles reduci da pieni consensi per il loro ultimo album del 2013 “Life Under the Gun“. In quota psichedelia invece da segnalare il sognante live dei Crumb da Brooklyn la cui leader Lila Ramani ha stupito tutti per presenza scenica e abilità vocali (una voce che ricorda molto quella di Trish Keenan) così come molto interessanti i Water From Your Eyes, più solidi su chitarre e loop elettronici. E poi ancora il nuovo sound sempre più contaminato dei BADBADNOTGOOD, più caldo, tribale e sudamericano; la straordinaria evoluzione dei Mount Kimbie da duo di elettronica ambient a vera e propria band con escursioni kraut/shoegaze, la reunion dei Clipse e i 10 anni di Piñata di Freddie Gibbs e Madlib. Il Primavera è stato tutto questo, si.
Ma il Primavera è stato anche le Atarashii Gakko! quartetto tutto femminile di J-Pop che ha portato sul palco del Cupra Stage, in uno degli slot più importanti dell’intero festival, uno show unico, mai visto su da queste parti: coreografie, costumi e canzoni in un mix di energia e (auto)ironia sulla cultura Giapponese. Perfette!

Si, il grande pop c’era anche quest’anno: Lana del Rey, Charlie XCX, SZA. Non rientrano nei miei piani ma sono perfettamente bilanciate nell’economia generale del Festival, quanto meno le seconde due. Su act totalizzanti come quello di LDR (così come fu quello di Dua Lipa o della beniamina di casa Rosalia) continuo a nutrire qualche dubbio circa l’esperienza che possono lasciare ad un pubblico che essenzialmente “viene al festival solo per quello”, filosofia che poco si sposa con la valorizzazione di performance anche fuori dalla propria bolla di ascolti e passioni. Vero è che le due edizioni saltate causa Covid sono pure pesate sui bilanci economici di una macchina dalla crescita inarrestabile per cui, ben vengano! Se proprio, quindi, vogliamo muovere una critica ad un festival quasi perfetto, che ha saputo rinnovarsi, rinnovare e fare di necessità virtù, questa la si può fare solo alla disposizione dei palchi, in particolare Amazon vs Cupra (dove il ‘vs’ è quantomai appropriato) con suoni e volumi che si sovrapponevano costantemente (vittime eccellenti Beth Gibbons e American Football).

Beh insomma, che dire di questo Primavera Sound: ormai da anni sempre più il festival di tutte e tutti, sempre più il mio, già sale la febbre per la prossima edizione le cui date sono state annunciate, come da tradizione, l’ultimo giorno (5-7 Giugno 2025) per cui, tenetevi liberi che tanto torniamo sempre!

Written by: Francesco Marinelli

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