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Il visconte dimezzato – Una riflessione

today9 Ottobre 2025 53 1 5

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Introduzione

Il mio dialogo con Calvino si apre tramite un racconto con sottotoni fiabeschi, breve, conciso, semplice, apparentemente.

“Il visconte dimezzato” tenta di descrivere le difficoltà che affliggono l’uomo moderno e, proprio in quanto tale, Calvino non emana dalla sua penna quell’aria di saggezza pulpitale che contraddistingueva  i Colossi del passato.

L’espediente che soffia vita alla cronaca è la metafora della crisi che si ritrova a sopperire l’individuo post-moderno:  povero di punto di riferimento, di compassi morali e modelli a cui aspirare, può ammirare in un primo momento una guerra omicida tra popoli nemici, ma si sgretola quando il conflitto passa su un piano personale e psicologico…

Trama

Di fatto la  vicenda è semplice solo in superficie: il giovane Visconte Medardo di Terralba, ritrovatosi in un campo di battaglia del XVIII, sprizzante di coraggio e onore si presta a grandi acrobazie militari, che culmineranno nella scissione in due metà, identiche solo esternamente, di Medardo da parte di una palla di cannone. Verrà successivamente salvata solo una delle due parti, il Gromo, come sarà chiamata in futuro, riconsegnata alla patria d’origine e acclamata dai Terralbesi per il glorioso ritorno, chiaramente non ancora consapevoli di tutte le difficoltà alle quali andranno incontro per colpa di quest’ultimo.

La storia prende una svolta quando verrà introdotto nel teatrino costruito fino a quel momento la marionetta del Buono, la metà valorosa, e tutte le conseguenze precettuali ed educative.

Ma se prendiamo il giusto tempo e facciamo lo sforzo di scendere qualche scalino, potremmo facilmente notare che Il Visconte di Terralba è un uomo profondamente debole, che sia intero o dimezzato: “mio zio era allora nella prima giovinezza: l’età in cui i sentimenti stanno tutti in uno slancio confuso, non distinti ancora in male e bene; l’età in cui ogni nuova esperienza, anche macabra e inumana, è tutta trepida e calda d’amore per la vita” e ancora “sentiva il sangue di quella guerra crudele, sparso per mille rivi sulla terra, giungere fino a lui; e se ne lasciava lambire, senza provare accanimento né pietà”. Il visconte si fa coinvolgere in una guerra aliena alla sua terra e ne è eccitato, si fa persuadere dal corteggiamento dell’imperatore con il titolo di tenente, onore ingiustificato.

Al fischio della battaglia si fa trarre in inganno dal fantino Curzio, il quale impedisce di constatare che l’esercito cristiano è in netto svantaggio rispetto ai Turchi, dimostrando ingenuità e cieca fede, nonché stupidità nel caricare a testa bassa la palla di cannone, che sfocerà nella lotta morale tra il Gromo e il Buono.

Si evince che il Visconte abbia bisogno solamente di un colpo “nel campo di battaglia” che è la vita per essere non solo abbattuto, ma frammentato psicologicamente, perdendo quell’integrità olistica naturale.

 

Osservazioni morali e di stile

Nonostante non si possa non riconoscere una vulnerabilità esistenziale della condizione umana da questo contesto narrativo, è pur certo che nel corso dei capitoli riaffiorano le dinamiche tipiche delle fiabe: scontri tra due concetti opposti, snodo narrativo culminante, resa dei conti e lieto fine, con la sola differenza che questa volta bene e male sono originarie dello stesso individuo, costringendoci a porci  domande su chi dovremmo incolpare per le malefatte e chi dovremmo lodare per gli atti virtuosi; non saremmo lontani se volessimo allungare lo sguardo verso lo Yin e Yang.

In ogni caso, Calvino, come confessa, scrive “per divertire”: non tanto impaginando un libro che avrebbe avuto piacere a scrivere, ma più quanto un libro che lo avrebbe dilettato leggere.

Risulta quindi chiara la differenza di approccio e concezione della letteratura per lo scrittore del XX secolo, saturo di precetti moraleggianti predicati dai suoi avi spirituali e della pedanteria lessicale; lo scrittore cubano si ferma alla stazione e sale sul treno che viaggi per i binari opposti.

Da queste considerazioni, ci viene donato questo cortometraggio fanciullesco, per certi versi araldico e mosaicato, pregno di un linguaggio elementare, intervallato da vocaboli da grattacapo, che costringono a rispolverare il vocabolario di lingua italiana.

Naturalmente, tale menù lessicale ampio e variegato non è casuale, ma è anzi parte della tavolozza dalla quale attinge l’autore per dipingerci questa tela medioevale e giocosa.

 

La sceneggiatura non manca di motti di spirito, metafore argute e giochi di parole frizzanti,(strizzando l’occhiolino al teatro di Plauto e Terenzio)  permettendo alle pagine di strappare più di qualche sorriso al lettore.

Per quanto il romanziere non ci presenti al tavolo un contesto culturale e geografico puntiglioso, tramite la narrazione delle varie malefatte di Gromo, impariamo a conoscere tutta la comunità di Terralba, riuscendo nel breve arco di 90 pagine a incidere una certa profondità di carattere ad alcuni dei personaggi più ricorrenti: l’ingegnosa Pamela, Sebastiana la redarguatrice balia, il non-tanto Dottor Trelawney o lo stesso protagonista, nipote di Medardo, narratore onnisciente.

 

Come ci insegna la morale di questa fiaba, esistono sempre due lembi e “Il Visconte dimezzato”  non è un’eccezione.

La brevità di questa -shortstory-  splende sicuramente come punto di forza, rendendo accessibile a chiunque, senza differenze di età, la lettura; ma più il Sole splende e più le ombre si fanno scure.

I temi esistenziali trattati dallo scrittore avrebbero meritato una maggiore digressione ed attenzione, ampliando le conseguenze emotive e psicologiche dell’incidente, della divisione e infine, della riunione.

Concetti quali illusione identitaria, formazione di una coscienza integra, critica filosofica, giudizio sociale… sono di cruciale importanza ed è imperativo maneggiarli con cura e dedizione.

Critiche

Si ha la sensazione che Calvino sia stato sbrigativo nel finale: sorvolando riflessioni fondamentali che avevano caratterizzato il resto della novella, il lettore percepisce di essersi perso un passaggio importante, rimane confuso, capta la traccia un’epifania che si stava costruendo per tutto il climax narrativo e che, non con poco dispiacere, stenta a realizzarsi.

E’ da premiare la volontà e responsabilità di cui un autore si fa carico ogni qual volta si trova a dover tagliuzzare, analizzare, incollare, prendere le misure per accogliere macigni morali di questa portata per un pubblico a dir poco eclettico, ma bisogna riguardarsi dal portare avanti questo incarico fino alla fine.

Il sasso lanciato nelle acque della nostra mente ha provocato molti cerchi concentrici, ampi e riconoscibili, dando libero flusso a dubbi e domande, ma si ha la certezza che Calvino abbia nascosto quella mano con cui ci ha accompagnato per tutto il tragitto, lasciandoci da soli a raccapezzarsi sulle possibili implicazioni del finale.

Rimane irrisolta anche l’esperienza del narratore, passivo da inizio a fine, senza nessun sviluppo personale, che si presta come un servo per accontentare tutte le esigenze degli adulti attorno a lui e che, immeritatamente, è atteso da un destino solitario e ancora più misero.

La Provvidenza calviniana sembra non avere piani per questo personaggio, ma ci lascia con una delle più belle citazioni della letteratura italiana: “uno si crede incompleto ed è soltanto giovane”.

Conclusioni

È difficile non apprezzare la penna del Nostro, non a cattivo titolo è riconosciuto  come uno degli autori italiani più apprezzati dalla critica.

I temi trattati sono oggi, più di ieri, attuali, se non immortali, e Calvino dimostra di possedere una ingegnosa bussola narrativa, usandola per farsi strada tra i gineprai valoriali sempre dietro l’angolo.

“Il visconte dimezzato” avrebbe avuto il potenziale per un potente romanzo di formazione, anche se l’incipit potrebbe apparire carente o debole per un’opera di maggiore impegno.

Va preso atto della giovane età dello scrittore nell’anno della pubblicazione: il 1952 segnava i suoi trent’anni, causa dell’immaturità e dovizia di “ispirazioni” a grandi classici.

Non vedo l’ora di scoprire cosa riserveranno le prossime conversazioni con questo Uomo.

Autore
Giulio Tinti

Scritto da: Redazione

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