Colpo di coda.
È questo il termine che più identifica un 2019 figlio di un decennio in cui si sono ribaltati, abbandonati, talvolta insultati e sbeffeggiati ideali e valori che un tempo avremmo considerato intoccabili, quasi sacri. Un decennio in cui la Politica, quella con la P maiuscola, ha ceduto il passo alla buffonaggine di un circo bullo e prepotente. Un decennio in cui l’impoverimento culturale diventa vanto e il populismo diventa legge, in cui si chiudono porti, si continuano a costruir muri e si parla ancora di colore della pelle o identità sessuale.

Un decennio, insomma, che sembra portarci indietro nel tempo di centinaia di anni ad una sorta di nuovo Medioevo culturale, di nuovo buio della ragione. E non è un caso che il reggaeton sia entrato la dove non pensavamo arrivasse mai, apprezzato da coloro che un tempo ascoltavano e definivano “indie” il proprio mondo, e va bene, ok boomer, ma la sensazione è che tutto si sia appiattito verso un qualcosa di indefinito ma decisamente meno impegnato ed impegnativo, quasi a voler stare al passo con il clima di impoverimento ci cui parlavamo poco sopra. La qualità della proposta si abbassa con l’esigenza della richiesta. Chiaro, drammatico ma chiaro.
Ed è qui che arriva il famoso “colpo di coda” in un 2019, se vogliamo, rivoluzionario: una nuova coscienza Politica sta tornado nelle piazze, i buffoni ridimensionati al proprio ruolo di pagliacci, barche che salvano vite restando umane e finalmente, dopo anni ed anni, una teenager svedese è riuscita a convincere il mondo che lo sviluppo sostenibile è l’unica via per combattere un cambiamento climatico sempre più palese e devastante. Perché alla soglia degli anni 20 (DUEMILAVENTI) “l’impresa eccezionale è essere normale”.
Tutto questo si è confermato in un meraviglioso riaffermarsi di quella chitarra elettrica urlante e graffiata che sembrava ormai sparita in chissà quali meandri.
Debutti fragorosi di gruppi come quello dei Black Midi (la vera bomba di questo 2019) e dei FONTAINES D.C. con l’eterna conferma di John Dwyer con la sua creatura più garage-fuzz Thee Oh Sees così come quei malandrini dei Fat White Family ci confermano che certa attitude a sconquassare folle poganti non è mai morta e, anzi, sta rinascendo più potente e incazzata che mai.
È l’anno di due grandi ritorni, poi: quello dei DIIV con un disco compatto, solido, frutto di uno Zachary Cole Smith nuovo, ripulito, finalmente fuori da quella turbolenta vita di eccessi che lo ha portato vicino a salutare tutti, e quello di Nick Cave, 10 anni con i Bad Seeds, con un luminoso e synthetico Gosthseen a chiudere una trilogia di album possenti e forse anche uno dei capitoli più dolorosi della sua vita.
Un cospicuo contributo ad abbellire questo 2019 con la propria musica è stato dato da dischi enormi di donne straordinarie: Angel Olsen, Cate Le Bon, Sharon Van Etten e FKA Twigs, eccellenza pura nelle produzioni di queste splendide cantautrici che, pur con stili diversi, delineano finalmente una netta e definitiva sconfitta del patriarcato musicale (sempre per rimanere in tema di regressione…).
E poi ancora: le atmosfere sospese e sognanti col debutto dei newyorkesi Crumb, un Thom Yorke innamorato e ballerino, la miglior disco-funk di Toro y Moi, la languida psichedelia dei Wand e quella più folk-fluida e zuccherosa dell’ormai ex-promessa (Sandy) Alex G. Ottime anche dal fronte sperimentazione jazz quest’anno: i nostri C’mon Tigre raccolgono i suoni da tutto il Mediterrraneo per metterli a mollo in bagni trip-hop mentre i Comet is Coming del “mastro” Shabaka Hutcings ci hanno esaltato con viaggi cosmici tra sassofono e UK Garage/Grime ci ha fatto esaltare non solo in disco ma anche in splendide performance live.
Un altro “king” è nato: Michael Kiwanuka ci porta letteralmente indietro nel tempo con le sue magnifiche sonorità ghetto-black soul mentre quel pacioccone di Helado Negro incanta il mondo con le sue chitarrine tropical ambient e cantato languido e distensivo.
Ma c’è un gruppo che più di tutti ha deliziato il mondo in questo 2019: ebbene sì, questo è l’anno dei Big Thief che, con due autentici capolavori dream folk in cui vulnerabilità e potenza si fondono insieme per un effetto letteralmente magico, si prendono di prepotenza tutta la scena in questo 2019.
E allora buon 2020 e che il nuovo decennio sia pieno di Buona Musica.
- Black Midi – Schlagenheim
- Angel Olsen – All Mirrors
- The Comet Is Coming – Trust in The Lifeforce Of The Deep Mystery
- Nick Cave & the Bad Seeds – Ghosteen
- Big Thief – U.F.O.F. / Two Hands
- Sharon Van Etten – Remind Me Tomorrow
- (Sandy) Alex G – House Of Sugar
- Fontaines D.C. – Dogrel
- FKA Twigs – MAGDALENE
- Helado Negro – This is How You Smile
- C’mon Tigre – Racines
- Thom Yorke – ANIMA
- Michael Kiwanuka – KIWANUKA
- Toro y Moi – Outer Peace
- Wand – Laughing Matter
- DIIV – Deceiver
- Crumb – Jinx
- Thee Oh Sees – Face Stabber
- Cate Le Bon – Reward
- Fat White Family – Serfs Up!